Il gesto estremo di Aaron al grido di “Palestina libera, liberate la Palestina, non sarò più complice di genocidio”.
"Sto per intraprendere un atto di protesta estremo, ma rispetto a ciò che le persone hanno vissuto in Palestina per mano dei loro colonizzatori, non è affatto estremo. Questo è ciò che la nostra classe dirigente ha deciso essere normale."
Queste sono state le ultime parole pronunciate da Aaron Bushnell, un giovane soldato, membro in servizio attivo dell’esercito americano, prima di autoimmolarsi, dandosi fuoco con del liquido infiammabile, davanti all’ambasciata israeliana a Washington. Ha affermato inoltre che il gesto estremo del martirio, la sofferenza che si è auto inflitto, è poca cosa rispetto alla sofferenza e al dolore inflitti ai palestinesi per mano dei colonizzatori sionisti ogni maledetto giorno.
Nella sua posizione di membro delle forze armate americane, Aaron viveva un doppio dilemma morale, sentiva di trovarsi dalla parte sbagliata della storia, dalla parte degli oppressori bianchi occidentali, e di essere tenuto a servire una potenza imperialista che sostiene attivamente, mediante l’invio di ingenti carichi di armi, il colonialismo sionista che da più di 80 anni perseguita e sottopone a pulizie etniche il popolo nativo palestinese.
La guerra genocidaria condotta a Gaza per punire la resistenza di Hamas dopo gli attacchi del 7 ottobre è solo l’ennesimo pretesto per infliggere l’ennesima punizione collettiva ai bambini, alle donne e agli uomini palestinesi, da sempre disumanizzati e identificati con i selvaggi cattivi e lontani dalla civiltà che ostacolano i piani di colonizzazione delle terre in Palestina.
Il nostro è un mondo ammalato e dilaniato da un male insidioso e subdolo, “banale” nella sua vile crudeltà. Ci crogioliamo nell’inganno di vivere in una democrazia e di essere portatori di valori sani.
Sì certo una società “sana” che normalizza lo sterminio di massa in atto a Gaza e legittima più o meno velatamente una delle più atroci stragi di bambini e neonati che la storia recente abbia mai conosciuto.
La Palestina è a quattro ore di volo da dove io vivo, al di là del mar Mediterraneo l’umanità è stata annientata ma le nostre giornate continuano a scorrere inerti. Si fa finta che questi orrori siano distanti e non appartengano al nostro mondo ormai “perfettamente pacificato e civilizzato” nonostante a perpetrarli sia uno stato coloniale, creazione e proiezione delle istanze imperialiste occidentali.
Le pagine di storia che stiamo vivendo sono macchiate per l’eternità da sangue innocente che continua a scorrere a fiumi, anche per colpa della complicità omertosa di chi non riesce a porsi una semplice domanda che presuppone una riflessione etica: “Il nostro silenzio, l’indifferenza e l’incapacità di dire, anzi urlare, l’imperativo BASTA, non staranno forse reggendo il gioco a questo enorme scempio storico”?
Le anime fragili e sensibili, fuori posto in questa società individualista, spesso finiscono per spegnersi e autoannientarsi, poiché incapaci di adeguarsi alla banalità del male e trasformarsi in automi privi di una sfera morale e di sentimenti.
Le anime fragili questa domanda se la pongono e partecipano dell’immenso dolore universale patito dall’umanità.
I diritti umani sono morti a Gaza. Non venite più a raccontarmi la favoletta ipocrita della difesa della dignità umana, usata solo a convenienza e selettivamente, per legittimare le vostre sporche guerre d’interesse. Gli unici valori a cui il mondo occidentale ambisce sono materiali, moralità e spiritualità ( distinti dai vari credi religiosi) sono stati sacrificati all’altare del Dio denaro.
Se si potesse tornare indietro, caro Aaron, ti direi forse di non farlo, probabilmente prima di arrivare a compiere l’estremo sacrificio del martirio, anche la tua mente era attraversata da queste riflessioni, ti sentivi solo ed incompreso, sentivi di non voler appartenere più ad un mondo egoista e vuoto di sentimenti, ma provavi a soffocare le tue lacrime cercando di andare avanti. Probabilmente soffrivi soprattutto a causa del tuo dilemma morale in quanto parte di un sistema oppressivo e imperialista a cui sentivi di non appartenere, ma questa sofferenza individuale non ti ha isolato, anzi ti ha reso ancora più partecipe del dolore universale che sta dilaniando il popolo palestinese. Chi prova sulla propria pelle il dolore della sconfitta, di riconoscersi ai margini, e soffre anche se solo in una minima parte infinitesimale rispetto all’immane sofferenza patita da coloro ai quali è negato il diritto di esistere, non può restare indifferente davanti alla tragedia degli ultimi tra gli ultimi, degli emarginati cancellati dalla storia.
Ma la sensibilità è una trappola in un mondo al contrario.
Un mondo dominato dalla logica “del più forte” che prevale sul più debole fino ad annientarlo, ti convince di non valere niente, di essere un rifiuto sociale, un perdente fuori posto ed inutile, un antieroe che crede nell’impossibile ed è destinato all’annientamento e alla sconfitta.
Caro Aaron, se esistesse un modo per tornare indietro ti avrei rivolto queste parole.
Forse, sapere che anche altri giovani in altre parti di questo strano mondo crudele e in questo preciso momento storico, stanno sperimentando il tuo medesimo stato d’animo, lo stesso senso di disperazione e sconfitta, ti avrebbe aiutato a sentirti meno solo e sopraffatto dal “male banale” della nostra epoca, figlio dell’indifferenza e dell’egoismo.
Spero che questo messaggio possa arrivare a sfiorare le anime di tutti gli Aaron che si sentono disfatti e annientati.
Scritto il 25 febbraio 2024, giorno in cui l’eroe Aaron Bushnell decise di compiere il proprio martirio.
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